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ottobre 2023

ART
Words
Silvana Annicchiarico

Nuovo Mecenatismo

Intervista a Patrizia Sandretto Re Rebaudengo

Da oltre venticinque anni la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è impegnata a favore dell’arte e della cultura contemporanee. Nata a Torino il 6 aprile 1995, per volontà di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, sua Presidente, la Fondazione è un’istituzione no profit che propone una nuova visione del mecenatismo, basato sulla responsabilità assunta in prima persona e sulla condivisione di passioni, saperi e risorse individuali. È nella sede torinese della Fondazione che Edra ha scelto di entrare con alcune delle sue creazioni per farle dialogare con i lavori di alcuni giovani artisti: per contrasto, per analogia, per innescare cortocircuiti di senso e di spiazzamento. In questo scenario Patrizia Sandretto Re Rebaudengo mette a fuoco la sua visione dell’arte e del design, oltre che la missione che cerca di perseguire con il lavoro della Fondazione. 

Qual è il suo rapporto con il design? Quali sono i designer, le tendenze, i movimenti che le interessano di più, storicamente ma anche nello scenario attuale?

Potrei iniziare a raccontare il mio rapporto con il design parlando di due opere della mia collezione. Nel salone della mia casa torinese, Europa, il divano in acciaio specchiante del designer Ron Arad è collocato di fronte a European Culture Myth, Annunciation un’installazione a parete dell’artista Tony Cragg. Il primo, del 1994, è un’icona, una metafora della tecnologia, il secondo, del 1984, è composto di scarti di plastica ed è un’opera che anticipa i temi dell’iperproduzione, dell’obsolescenza degli oggetti, del destino dei rifiuti. Documentano un’importante stagione della scena creativa britannica ed entrambi contengono un’idea di Europa. Sono lavori bellissimi ma “scomodi”: li ho scelti perché nella loro eleganza formale sanno tenere alta la nostra attenzione fisica e mentale. 

Amo il design italiano e la produzione storica di autori come Albini, Caccia Dominioni, Mollino, Venini, Bellini, le ricerche degli anni ’70 di Sottsass e Memphis, Archizoom e il design radicale. Riguardo alle ultime tendenze, mi piace lasciarmi sorprendere da un oggetto, assecondando le emozioni della scoperta. Nel design e nell’architettura degli ultimi anni, si può intuire un’ispirazione diffusa rivolta alle forme organiche che richiamano la natura; penso ai lavori di Pierre Yovanovitch, Gregory Rogan, kar-studio e molti altri.  Da tanti anni seguo la ricerca di Alessandro Ciffo, di cui colleziono gli strabilianti vasi morbidi in silicone.

I confini fra design e arte contemporanea si stanno facendo sempre più fluidi e permeabili. Spesso le due discipline si ibridano e si confondono. Vale anche per il collezionismo? Che analogie e che differenze ci sono fra collezionare artefatti di design e opere d’arte contemporanee?

In Fondazione Sandretto Re Rebaudengo promuoviamo lo scambio tra design e arte contemporanea. Negli ultimi anni, in particolare, lo abbiamo fatto con ArtColLab, un progetto che ci permettere di offrire a giovani artiste e artisti l’opportunità di lavorare con celebri figure del mondo della moda e del design. Per esempio, dalla collaborazione tra lo shoe designer Nicholas Kirkwood e l’artista Paul Kneale è nata un’edizione limitata di tre modelli di scarpe; da quella tra Stella Jean e l’artista kenyota Michael Armitage una collezione sostenibile di maglie in lana; nel 2022 Ana Elisa Egreja e il fashion couture brand Pieces Unique hanno disegnato un set di sottopiatti da tavola.
Collezionare arte e design presenta naturalmente molte differenze ma richiede uguale passione, studio, ricerca.  

Che ruolo attribuisce oggi ai musei? Ancora solo di conservazione del patrimonio? O un ruolo più attivo, propulsivo e interrogante? Un museo secondo lei esemplare?

Un museo esemplare, oltre ad avere ed esporre una collezione, deve creare contenuti, promuovere conoscenza, produrre nuove opere, sostenere e ispirare le giovani generazioni creative, attivare il confronto democratico, avvicinare all’arte un pubblico sempre più ampio. Il museo di oggi è un’agorà, una piazza dove, attraverso le opere e le mostre, possiamo interrogarci sulle questioni aperte del presente, allenandoci ad affrontarne la complessità. Non credo che conservazione, innovazione e ricerca siano inconciliabili. Tutt’altro: avere a cuore la cultura contemporanea e il patrimonio culturale richiede in tutti casi cura del passato e investimento sul futuro. 

Esiste ancora il mecenatismo? In che forme si esprime? Che obiettivi deve avere?

Sì, per fortuna esiste. Personalmente ho scelto di essere mecenate e non solo collezionista e ho trovato nella Fondazione la forma per esprimere questa scelta. Il mio mecenatismo è fortemente orientato verso le giovani generazioni artistiche e si concretizza nella produzione di opere e nella realizzazione di mostre, nella promozione di programmi di residenza e di formazione specialistica. Dedico uguale attenzione e risorse a favore dei visitatori, attraverso il servizio gratuito di mediazione culturale, i laboratori per i pubblici scolastici, i programmi di accessibilità per le persone più vulnerabili.  
Sono convinta che proprio in queste attività si manifesti il mio mecenatismo; la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, pur essendo privata, svolge un ruolo simile a quello di un’istituzione pubblica.  

Curiosa elegante intraprendente visionaria esploratrice: quale di questi aggettivi la definisce meglio?

Più che sceglierne uno, mi piacerebbe aggiungere all’elenco la parola “riconoscente”. Ogni giorno mi sento riconoscente nei confronti dell’arte. Questo si traduce in un desiderio di restituzione che porto avanti con passione, impegno e responsabilità.


Silvana Annicchiarico

Architetto, vive a Milano, svolge attività di ricerca, di critica e di didattica. È consulente per enti pubblici e aziende. Attraverso progetti espositivi ed editoriali si occupa di temi contemporanei, dell’opera di grandi maestri e di nuovi protagonisti del design. Dal 2007 al 2018 è stata Direttore del Triennale Design Museum della Triennale di Milano.

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